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Cuneo, "Quando un esame medico scaccia le paure che si sono addensate sul futuro della nostra vita"

CUNEO

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GUIDO OLIVERO - Da tempo non sto molto bene, ho continui dolori al basso ventre. Dolori non forti ma leggeri, noiosi e costanti. Il professionista del corpo umano, dopo avermi "esplorato", ha deciso di farmi fare tutta una serie di esami e l’ultimo di questi l’ho fatto questa mattina. Alle 7 ero già in piedi e dopo una colazione lieve e veloce mi sono precipitato nel grande ospedale. Pensieri cupi mi frullavano per la testa e, senza quasi accorgemene, ho percorso i pochi chilometri tra dove alloggiavo e il Centro Ospedaliero.

Dopo le prassi amministrative di accettazione ho fatto le scale velocemente e in un attimo, con un po’ di agitazione dentro, mi sono trovato seduto dinnanzi all’ambulatorio. Con il cervello quasi staccato dal corpo ho atteso. Seduto su una seggiola i minuti li ho trovati svogliati e ho tentato di distrarmi guardando altri ospiti che di fianco o davanti, seduti, avevano forse i miei stessi pensieri. I miei pensieri, disturbati dalle tante notizie che avevo letto, erano confusi.

Con tutta questa cianfrusaglia in testa ho aspettato rassegnato il momento della parziale verifica. Il momento si è presentato. Si è aperta la porta ambulatoriale ed un gesto fermo e umano mi ha invitato ad entrare. Sono entrato smarrito nei miei "incubi" collegati al fatto che il mio futuro, in termini di salute, poteva non essere più come il passato. Avevo voglia di piangere ma non potevo, non volevo mettere in difficoltà nessuno, sia chi non conoscevo e sia chi conoscevo.

Mi son seduto davanti agli specialisti con una paura controllata dentro che mi ha fatto cogliere ogni gesto, ogni parola. La gentilezza l’ho sentita, ma si è infranta sulle fredde attrezzature che in un attimo ho visto. Volevo guardare da un'altra parte, ma non si sa per quale motivo, non ce l’ho fatta. Attrezzature che mi han fatto subito capire che non era una passeggiata, nonostante le umane rassicurazioni degli specialisti. Mi sono spogliato con gesti lenti ed ancestrali, perdendo ogni pudore: ero nudo.

Il macchinario, non caldissimo, mi ha accolto e per un attimo ho cercato protezione nella barella, ma questa me l’ha rifiutata. Essa era lì, ma non era la protagonista. Altri strumenti erano i protagonisti e anche se non li vedevo, ne percepivo la presenza e nonostante la pressione corporea tenesse, la paura dentro saliva e il corpo s’irrigidiva sempre di più. Mani calde stringevano le mie, fredde. Guardavo l’ora, ma l’orologio era fermo. Il dolore cominciava a farsi sentire e quando le attrezzature robuste mi stavano "violando", non sentivo più l'umana vicinanza e la mia solitudine era infinita.

Mi sono sentito solo, ben sapendo che loro, gli specialisti, eran lì non per farmi del male, ma farmi del bene. Ciò, però, non mi ha consolato. Il dolore abbastanza intenso mi ha inumidito gli occhi, ma con fatica ho provato a resistere. Le luci ad un certo punto si sono spente e l’esame è proseguito lento e preciso. Per un attimo mi sono sentito il protagonista, oggetto di un tiro a segno del luna park. Ma i colpi perfetti non mi hanno offerto premi, bensì, spero, forse la vita.

L’esame dopo oltre mezz’ora si è chiuso con l’aiuto degli angeli del laboratorio. Mi sono rivestito, perso nelle mie preoccupazioni, e lentamente, con non poca fatica, ho rifatto le scale.

Guido Olivero

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