Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

"Come per me da Cuneo a Carrù nel 1952, non togliamo ai bambini la gioia del Natale"

BRA

Foto
Condividi FB

FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Correva l'anno 1952 quando, nella notte della vigilia di Natale, la famiglia Nemolis - mamma Gina, babbo Mario con le figlie Giuliana, di 10 anni, e Fiorella di 5 - era in viaggio da Cuneo verso Carrù. Ci apprestavamo a trascorrere le feste dai nonni paterni Assunta ed Ettore. A bordo della Topolino Fiat A color crema, intirizzite dal freddo pungente, ci riparavamo con un plaid sulle gambe, all'epoca le auto non erano dotate di riscaldamento. Giuliana ed io ci stringevamo l'una all'altra per scaldarci, trepidanti al pensiero di riabbracciare i nonni per festeggiare il Natale.

Io con le manopole di lana che fungevano da tergicristallo, pulivo i vetri appannati del finestrino, e osservavo il paesaggio scorrere veloce su una distesa di prati che toccavano l'infinito. Nella mia testolina scorrevano anche i pensieri e mi domandavo perché i nonni Assunta ed Ettore, da Porto Azzurro (Isola d'Elba), un vero paradiso terrestre, si fossero trasferiti proprio in Piemonte, dove l'inverno durava fin troppo. E perché proprio a Carrù, un paesino sperduto nella campagna. Va a sapere i grandi, a volte sono strambi, e soprattutto non rispondono a troppe domande. Forse toccavo un tasto dolente, così mi zittivano: "Sei piccola, a suo tempo ti daremo spiegazioni".

Professionista in immaginazione, provavo a rispondermi da sola. Mi rattristava tanto vedere l'immensa e desolata pianura e quel velo di nebbia che man mano si inspessiva: davanti a noi si presentava un soffocante muro bianco da abbattere con il frontale della minuscola Topolino. Solo all'alba il sole, spingendo indietro la luna, sarebbe riuscito a trapassare quell'inquietante muro di nebbia. Mi faceva tanta tenerezza pensarlo mentre usciva così pallido! Nonna Assunta, sono certa, gli avrebbe propinato un ovetto sbattuto: “Su, prendi senza tante storie, ti tira un po' su!”. Oltre la pianura, là in fondo, mi immaginavo il mare, ne percepivo persino l'odore di salmastro misto al finocchio selvatico. Era prepotente la nostalgia di Porto Azzurro, luogo dove proprio con i nonni trascorrevo vacanze felici.

Ma in quella gelida vigilia di Natale, il paesaggio si riscattò con una generosa nevicata. Allora sì, dovevo proprio riconoscerne la magia. Osservavo i fiocchi di neve aleggiare e posarsi, imbiancando la pianura desolata, tanto che nella mia fervida immaginazione somigliava sempre più al mare spumeggiante di bianco, mentre alla ricerca della mia Itaca, a poco a poco sbiadiva l'amarezza nostalgica che provavo per Porto Azzurro, la mia zattera in mezzo al mare. Compresi in seguito che i nonni, ormai anziani, lasciarono Porto Azzurro per stare vicino ai figli che abitavano in Piemonte: babbo Mario a Cuneo, con la sua famiglia e zio Nino, l'irriducibile scapolo che abitava con i nonni, appunto a Carrù, perchéimpiegato alla vicina filanda di bachi da seta.

Invece la loro figlia Gilda, che aveva sposato bene, abitava a Genova in una villa a Capo Santa Chiara, a due passi dall'incantevole spiaggetta di Boccadasse: una reggia, da cui si allontanava per fugaci visite ai genitori, che raggiungeva a bordo dell'Appia, potente vettura della Lancia, condotta dall'impeccabile autista. Non era l'Ambrogio del noto spot pubblicitario e mia zia non vestita di giallo. Indossava abiti di frusciante seta, tinta marron glacé, con una stola di visone appoggiata sulle spalle che scivolava e copriva appena l'avambraccio. E infilarsi un bel golfino caldo in mohair? In seguito, compresi che quella stramberia era un vezzo, un tocco raffinato alla moda, che da adulta non disdegnai, anzi. A completare la mise, la cloche in tinta con vezzosa veletta appena scesa sulla fronte.

Il cappello è un marchio di famiglia dei Nemolis. Anch'io all'epoca indossavo con orgoglio il berretto in soffice lana mohair di vivaci motivi natalizi, con in cima l'imponente pompom, che facevo ondeggiare apposta: tutti dovevano notare quanto fosse bello. Zia Gilda era una principessa profumata che non si atteggiava col parentado, modi garbati e persino affettuosi. Portava doni per grandi e piccini, avvolti in carta illustrata con suggestive immagini natalizie: pini carichi di addobbi lucenti, maestose slitte trainate da renne che scalpitavano nella neve candida, fascinosi elfi indaffarati nel laboratorio di Babbo Natale. Insomma già l'incarto per me era un regalo. Zia Gilda, a nostra insaputa, era Babbo Natale in persona.

Non vista da noi, nottetempo riponeva i pacchetti, sotto l'albero di Natale, che guarda caso era proprio nella sala da pranzo, dove noi bimbe trascorrevamo la notte ben sistemate su due poltrone letto. Sicché, con un occhio aperto aspettavo la mezzanotte per sorprendere babbo Natale. Finché, per lo sfinimento, cadevano le palpebre e quelle lunghe ciglia ricurve e rigogliose si appoggiavano sulle guanciotte di bimba assonnata. Avevo combattuto contro il sonno per sorprendere quel Babbo Natale misterioso. E farmi contenta, farsi vedere almeno una volta? Anche solo per dirgli: “Grazie dei doni, hai letto la mia letterina? E' troppo lunga? Ma io mi accontento".

Così, immersa nei pensieri, anzi nei miei sogni di un fastoso Natale, feci un balzo nella realtà con il buffetto sulla guancia di babbo Mario: “Scimmietta svegliati, siamo arrivati a Carrù, tra poco abbraccerai nonna Assunta e Nonno Ettore. Mi raccomando, comportati bene!”. Babbo Mario finiva sempre con la solita raccomandazione, e qui finisce anche la mia storia. Mi aspettano i doni sotto l'albero che scarterò anzi, come una selvaggia sventrerò, per l'irresistibile voglia di scoprirne il contenuto! Sono la Fiorellina di sempre, non rinuncio al mio grumo di felicità, di spensierata fanciullezza e audace disprezzo delle conseguenze: quel grumo è troppo prezioso, ispira, consola e accudisce l'adulta, a volte un po' scossa da questo mondo paonazzo.

Fiorella Avalle Nemolis

Cuneocronaca

VIDEO