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Fondazione CRC Genta Silvestri e la scultrice Maimouna

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E' la grande passione per la cultura e per l'arte che nutre la Fondazione Crc di Cuneo ad aver portato nel cortile della sede di via Roma 17 la scultura "Dark hands with light signs" dell'artista di origine italo-senegalesi Maïmouna (nome assunto da Patrizia Guerresi dopo la sua conversione alla religione islamica), esposta fino a pochi giorni fa alla Reggia di Venaria Reale.

L'opera, che rappresenta due mani chiuse, atte a raccogliere o a donare, agli occhi del presidente della Fondazione Crc, Giandomenica Genta, è il messaggio giusto per una fondazione di origine bancaria, che ha il compito di redistribuire il frutto di ciò che ha raccolto nel tempo.

Per la scultura si tratta di un "ritorno" in provincia di Cuneo: fu portata, infatti, a Limone Piemonte, in occasione dei giochi olimpici. Il suo arrivo in città è anche il preludio all’apertura della grande mostra sulla Pop Art italiana “Io non amo la natura”, organizzata in collaborazione con la Gam di Torino presso il Complesso monumentale di San Francesco, che avrà luogo venerdì 26 maggio (ore 17,30).

Maïmouna, fotografa, scultrice, autrice di video e di installazioni, racconta attraverso la sua arte il disagio e la bellezza della diversità, rappresentando una simbiosi mistica tra corpo, natura e mito. "Queste mani sono le mie, ingrandite e dipinte di nero", racconta l'artista. Attraversate da segni lucenti che spezzano le ombre, sono come un nido, vicino al quale tutti possono sostare per un po'.

“Light Signs sono confini che dividono l'ignoto dal conosciuto". In un omonimo ciclo fotografico, la Guerresi aveva catturato una serie di volti scuri segnati di bianco, come ferite taglienti, margini che distanziano ma non possono azzerare i territori. Sono linee che richiamano anche i disegni sciamanici dipinti sulla pelle dei popoli tribali.

L’attività di Maïmouna è da tempo volta a un’indagine quasi antropologica delle culture africane e del vicino oriente, riempiendo di significati mistici le sue interpretazioni, con il chiaro intento di mettere lo spettatore di fronte a una domanda più che a una risposta.

E' proprio in questa situazione di attesa, di sottile inquietudine che nasce il desiderio della scoperta, ossia di oltrepassare quel segnale luminoso che taglia l’oscurità, o semplicemente ne è parte.