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Più che di promesse noi elettori di Cuneo e di tutta Italia abbiamo bisogno di lealtà e correttezza dai politici

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Abbiamo accumulato quasi 2300 miliardi di debito pubblico, destinato a crescere costantemente, anche se nel mese di dicembre è diminuito di 14 miliardi. Con questo pesantissimo fardello, destinato a mai essere pagato - al massimo non incrementato - occorre fare i conti. Attualmente, gli interessi, gravi, allo spread diminuito dai 500 punti, dell'epoca delle dimissioni di Berlusconi con l'avvento di Monti, sono dell'ordine di poco più dell'1% - spread a circa 150. Il 40 per cento della montagna di debito è in mano a fondi stranieri, mentre il 60 per cento si trova nei risparmi dei cittadini.

Grazie alla decisione della Bce con Draghi presidente, il Tesoro ha potuto vendere le emissioni di titoli pubblici destinati al rinnovo parziale del debito a scadenze mensili. Gli acquisti cesseranno e sarà difficile collocarli in Italia e all'estero, se non con un robusto incremento degli interessi. E' poco affidabile il debitore che emette nuove obbligazioni a fronte di una situazione cronica di difficoltà di restituzione. Se non si trattasse di uno Stato, ma di una società, sarebbe già da anni fallita, travolta dalla montagna accumulata, senza alcuna successiva riduzione. Anzi, con un costante incremento, ritenuto tecnicamente non aumentato, soltanto perchè rapportato all'aumento del Pil.

Ora c'è qualcuno degli sparatori di balle elettorali che promette mirabolanti riduzioni di tasse, redditi di cittadinanza, aumento di pensioni, eliminazione della riforma Fornero, detrazioni per spese veterinarie, eliminazione dei ticket sanitari e chi più ne ha, più ne metta. Non si spiega - voce per voce o balla per balla - da dove si prendono i soldi per realizzare le promesse. Si verifica perciò che lo Stato debitore di 2300 miliardi verrebbe ad essere governato - è indifferente da quale partito - da chi promette mari e monti, senza avere i quattrini per realizzarli. Un partito - tra i tanti esistenti, vecchi, nuovi, rinnovati - potrebbe distinguersi, partendo proprio dalla constatazione - da ben esporre agli elettori - dell'insopprimibile debito pubblico. A fronte del quale - come farebbe un buon padre di famiglia e amministratore di società - sarebbe opportuno cercare di ridurre e certamente non incrementare.

Con la piccola disponibilità derivante dalla attenta gestione della spesa corrente, sulla quale grava come un macigno la Sanità, occorrerebbe decidere se incrementare il welfare, oppure realizzare opere pubbliche. Orientare il piccolo flusso di denaro secondo indicazioni credibili e condivise o quantomeno proposte. Tra l'altro, pare che pochi ricordino che premiano più le promesse di risparmio e gestione oculata - per non arrivare alle classiche "lacrime e sangue" in rapporto alle promesse a gogò, indice di irresponsabilità e soprattutto di arrivismo ed incoscienza. Questo discorso potrebbe interessare soprattutto i giovani, alieni dalle promesse irrealizzabili, mentre pare - così è stato finora - allettante agli occhi degli anziani e pensionati. Sperano quantomeno nella continuazione dello status quo, che - tutto sommato - per loro è positivo, anche se non troppo gratificante.

Radicali cambiamenti non sono desiderati e neppure creduti. Sono abituati alle promesse elettorali da parte di chi - ben retribuito come parlamentare, pensione privilegiata compresa - strombazza dati incredibili, cambiamenti epocali, come se, anzichè trovarci a meno 2300 miliardi, fossimo in pareggio con centinaia di miliardi disponibili da spendere a piacimento. Una specie di Bengodi, che pare attendere tanti improvvisati statisti, spesso digiuni di esperienza, competenza, attitudine, capacità ed anche nozioni di storia, geografia, con difficoltà all'eloquio corrente in lingua italiana, grammatica e sintassi comprese. E della conoscenza della consecutio temporum, con stretto riferimento all'uso del congiuntivo.

Può sembrare superflua la cultura, così come l'esatto uso del tu e del te. A questo livello, come si può pensare che sussista la capacità di affrontare la complessa macchina statale, senza affidarsi - mani e piedi - ai funzionari, così investendoli di ancor maggiori poteri. Ci si domanda come potranno trovarsi - questi aspiranti parlamentari o addirittura presidenti del Consiglio - nella gestione di complesse questioni internazionali e in sede europea. Non abbiamo bisogno di altri trumpetti, ne basta uno solo - l'originale - per tutti gli americani. Come i pugili alla vigilia della sfida, che promettono sfracelli e pugni micidiali all'avversario, così i numerosi aspiranti alla Presidenza arringano una esausta platea di uditori, considerati poco dotati cerebralmente.

Questi sicuri vincitori della contesa, tutti - o quasi - certi di raggiungere e superare il mitico 40 per cento, neppure si preoccupano di esporre programmi concreti e credibili. Per loro, così come per i partiti che rappresentano, è essenziale essere eletti parlamentari, ottenere vantaggi, privilegi e stipendi sontuosi. La sorte dello Stato e quindi della collettività non interessa, perchè per 5 anni - salve sorprese - la poltrona sarà sicura. Non è però una lotteria con ricco premio, questa contesa elettorale. E' l'essenza della democrazia, che demanda agli elettori l'onere ed il privilegio di amministrare lo Stato nell'esclusivo interesse pubblico.

Piercarlo Barale

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