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Per me e Marzio, De André rimarrà sempre "principe libero" grazie alla canzone di Marinella

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - In questi giorni è andata in onda la fiction "Principe libero", sulla vita di Fabrizio De André. Se ne è parlato molto: bene, male. Molte le critiche. Parlare di un artista di tale spessore non è certo facile.

Tuttavia qui nella mia casa a Bra, in provincia di Cuneo, mi sono tornati alla memoria ricordi belli, struggenti di me diciottenne e innamorata. Ero in uno stato di grazia. Il mondo girava intorno a Marzio (che divenne mio marito) e a me. Poteva anche scoppiare una guerra mondiale. Nulla mi avrebbe distratto.

Era l'agosto 1965, mancava un mese esatto alle nostre nozze. C'era un grande fermento nelle famiglie Nemolis e Avalle. Marzio stava finendo i preparativi per la casa. Ma la famiglia Nemolis, come tutti gli anni, trascorreva le vacanze al Palmizio, la casa di famiglia a Porto Azzurro. Supplicai babbo Mario di lasciarmi a Bra, al solo pensiero di stare lontana da Marzio mi sentivo male. Fu irremovibile. “Si va in vacanza. Tutta la famiglia. Quando sarai sposata farai ciò che vorrai".

Fu la vacanza più orribile che io ricordi. In quel periodo Fabrizio De André era il mio eroe, il poeta ribelle, che cantava l'odio, la rabbia, l'invidia, ma per me cantava solo l'amore. Affacinante con quel suo ciuffo, che sapientemente gli cadeva sugli occhi, per nasconderlo agli occhi indiscreti.

Lasciai Bra con i Nemolis, io ormai mi sentivo già Avalle. Pronta a cambiare cognome, vita, tutto. E il ritornello della canzone Marinella mi frullava in testa. Partii quel brutto giorno d'agosto dopo mille abbracci e baci con Marzio. Lui mi consolava dicendomi che un mese sarebbe volato, ma io pensavo che ogni minuto senza di lui sarebbe stato insopportabile. Inutile viverlo. La mia angoscia era così tanta e babbo Mario non poteva neanche immaginarla. No, non poteva.

Marzio il giorno prima della partenza mi portò un suo maglioncino tinta grigio fumo, non era un granchè. Ma era suo. Quindi, bellissimo!. “Tienilo sempre con te. Quando sentirai la mia mancanza, stringilo forte a te. Sarà come abbracciarmi".

“E c'era il sole e avevi gli occhi belli

lui ti baciò le labbra e i capelli

c'era la luna e avevi gli occhi stanchi

lui pose le sue mani sui tuoi fianchi

Furono baci e furono sorrisi..”

La canzone di Marinella divenne la mia melanconica consolazione. Quel disco 45 giri girò e girò così tanto che poi la puntina saltava un pezzo. Quell'estate fu solo musica e maglioncino grigio fumo di Marzio. Lo portavo ovunque. Anche in spiaggia. E non vedevo l'ora che venisse sera per indossarlo.

Tutti capirono il mio mal d'amore. Non si stupirono quando me ne stavo ore fissa a guardare il mare, come una statua, sdraiata sul mio scoglio della Pianotta (una scogliera piana a livello del mare). Era lo scoglio anatomico, che si adattava al mio corpo. Di giusta misura. L'incavo per il capo, quello per i glutei. Proprio a pelo d'acqua, quel tanto per bagnarmi giusto i piedi, con lo sciaquio della risacca che ogni tanto mi sorprendeva.

Un brivido sulla pelle calda di sole cocente, mi risvegliava dai miei sogni romantici. Un giorno dopo l'altro venne quello del mio ritorno. Furono baci e furono sorrisi, sul sagrato della chiesa, ormai sposi.

Fiorella Avalle Nemolis

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