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Lasciamo i "capitani" ai militari e allo sport, in politica servono anzitutto persone preparate

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - "Ciapasì, ciapalà, è arrivato Mustafà". Era un personaggio per l'intera spiaggia marocchino, età indefinita, alto, portamento distinto, voce suadente. Per anni ha fatto parte del paesaggio di sabbia - poca - ed ombrelloni - troppi - comparendo a fine mattina e metà pomeriggio con le sue mercanzie. Si era dotato di carretto con altissime ruote gommate, spingendo il quale percorreva il bagnasciuga, fermandosi in corrispondenza dei singoli bagni. Inoltrandosi poi nella selva di sdraio: bambini in perenne movimento, signore conversanti e uomini assorti in letture di quotidiani sportivi. Raramente libri.

Con un sorriso a 32 denti, senza arrabbiarsi se taluno lo cacciava come seccatore seriale, proponeva svariati indumenti, facendo affari. Mi è rimasta in mente l'espressione con la quale annunciava - puntuale come un orologio da campanile - il suo passaggio. Riteneva di svolgere una funzione importante, offrendo senza insistenza, ma con determinazione, ogni settimana, qualcosa di particolare. Allora gli immigrati erano meno numerosi di oggi. Molti si erano integrati. Gli ambulanti di spiaggia facevano parte del paesaggio estivo balneare. Sopportati e spesso destinatari di acquisti di scarso valore. Un pò per carità, un pò per convenienza. "Ciapa lì e porta a cà".

Ecco che il "capitano" Salvini usa un linguaggio di Mustafà. Come il bambino insistente che ha ottenuto finalmente il nuovo telefonino, è comparso ovunque trionfante il vicepresidente del Consiglio, ministro dell'Interno e "capitano" della Lega. Nelle quotidiane interviste, dichiarazioni e contestazioni verso tutti i responsabili di ostacolarlo nell'attività al servizio del "popolo sovrano". Ha esibito copia del decreto "suo" e soltanto "suo", ottenuto con determinazione, insistenza, come pretesa ineludibile. Ha sbeffeggiato gli oppositori, i gufi, si è autoelogiato ed autoincensato senza limite alcuno... Ma come è bravo, quanti ostacoli ha superato, finalmente ha convinto Mattarella a firmare.

E' finita la pacchia: chi non considera la realtà nel suo complesso, liquida il fenomeno epocale delle migrazioni come un fatto di ordine pubblico. Ha ottenuto dal "popolo sovrano" l'investitura ministeriale e si appresta a fare il botto alle europee di primavera. Il suo staff di abilissimi comunicatori lo spinge avanti nei sondaggi, l'unico riferimento-guida per aspiranti leader, di qualunque colore. Anche se vendesse dentifrici o pentole, sbancherebbe.

Si è inventato lo slogan, in base al quale il "popolo sovrano" - cioè noi - dovrebbe stare con Lui, seguirlo come un nuovo Messia, rosario in mano all'occorrenza, oppure ruspa, da usare per raggiungere comunque gli obiettivi. Desiderio di primeggiare, di cambiare anche l'Europa, con un "noi" allargato al "tutti". Non importa se l'economia non corrisponde ai criteri europei. Facciamo finta che l' Europa sia già stata conquistata e di quella di oggi "me ne frego".

I "neo-nostalgici" di regimi passati tifano questo esercizio muscolare della politica, anche quando compiono spedizioni punitive, sempre più frequenti. Non c'è bisogno, in democrazia, di capitani, perchè le cariche pubbliche elettive, così come quelle assegnate per concorso, sono modellate dalla Costituzione e dalle leggi attuative. L'equilibrio tra i vari poteri è garantito dalla Carta e non si può determinare uno scostamento, neppure in caso di particolari circostanze. Anche nel durissimo periodo del brigatismo lo Stato ha osservato le leggi e non ha ceduto. Lo ha affrontato e lo ha battuto. I ministri si debbono occupare del loro dicastero, non possono e non debbono diventare "capitani".

La difesa della collettività non consente a nessuno di noi di sequestrare persone, minacciare o deridere naufraghi, violare le norme, patrimonio comune non solo dello Stato, ma dell'Europa e della collettività mondiale, rappresentata dall'Onu. Con l'approvazione delle leggi razziali abbiamo dato il peggio, subito imitati e superati da chi è arrivato all'olocausto. Da "è finita la pacchia" alla cacciata immediata degli immigrati; nonostante il contenuto della Costituzione, il passo è breve. Le esigenze di sicurezza devono conciliare con l'annunciazione della Carta che garantisce pari dignità e diritti a tutti gli uomini per il solo fatto di essere tali.

Piercarlo Barale

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