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Manovra: per mesi una sceneggiata costosissima che di fatto ha bloccato il Paese

CUNEO

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PIERCARLO BARALE - Se fossi un bravo disegnatore, anche se non paragonabile all'amico Danilo Paparelli, invierei al giornale una vignetta: Salvini e Di Maio, in caricatura, affiancati e tenendosi per mano, con i pantaloni calati. Il capitano dice, nella nuvoletta che esce dalla bocca: "non caleremo le braghe all'Europa". Giggino, il piccolo Maio, gli risponde: "hai ragione, non arretreremo di un millimetro". La sceneggiata inscenata con l'Europa - "Chi se ne frega, tireremo dritto..." - ha arrecato un danno di miliardi - parecchi - per l'aumento dello spread, ormai stabilizzatosi intorno ai 300 punti ed oltre. Ma il maggior pregiudizio per le nostre già dissertate finanze è stato - ed ancora oggi perdura - l'aumento degli interessi da corrispondere per i titoli di stato acquistati stentatamente dagli investitori.

Il divario con le precedenti emissioni, con interessi allora quasi allo zero, se non sotto, al netto della tassazione, porterà, per un decennio, corresponsioni miliardarie. C'è chi parla di un totale di 300 miliardi per le inopportune ed incoscienti esternazioni della coppia di dilettanti allo sbaraglio, che guida la nostra traballante barca. Il "popolo sovrano" che l'ha eletti - non i 60 milioni nominati dal capitano, ai quali chiede il mandato per combattere l'Europa, ma i circa 6 milioni che lo hanno votato - si trova ora con un debito pubblico ben maggiore. Nello zainetto di ogni neonato del "popolo sovrano" si è aggiunto un nuovo debito. E siamo solo all'inizio della gestione giallo-verde.

Non conosciamo in dettaglio la manovra in deficit, approvata con la fiducia dalla Camera dei Deputati. Dopo gli insulti ai commissari europei, le arroganti minacce pronunciate con la stessa determinazione dei tifosi della curva, ecco la calata di braghe. Anche questa operazione avviene con l'accompagnamento di ulteriori minacce, del tipo: non finisce così, chi se ne frega, cambieremo l'Europa, porteremo la nostra battaglia al gruppo di Visegrad (che non pare li ascolti o condivida). Sembrano pugili suonati, che continuano - a parole - ad attaccare l'avversario, dopo essere stati buttati al tappeto. Con i secondi - pugilisticamente parlando - che espongono l'asciugamani all'arbitro, in segno di resa.

I nostri due galletti non hanno il coraggio di andare in Europa - difendere le loro argomentazioni sballate sotto ogni profilo. Hanno inviato il povero Tria, smentendolo e dileggiandolo, con fare da duri. Classico comportamento dei codardi, che lanciano le pietre e poi ritraggono il braccio. Armiamoci e partite, il vecchio motto. Ora hanno investito in senso plenario il premier Conte - finora utilizzato come Pinocchio tra il gatto e la volpe - conferendogli mandato universale per chiudere, senza subire l'anta della procedura sanzionatoria per eccesso di debito.

Viene alla mente giggino trionfante dal balcone, con il segno della vittoria, per aver sconfitto la povertà. Sono recenti i "me ne frego" del capitano, spesso in tenuta da poliziotto, vigile del fuoco, guardia di finanza, carabiniere, marinaio. Siamo 60 milioni di buggerati, altro che "popolo sovrano". Sopportiamo questa indegna sceneggiata - costosissima - che ha di fatto bloccato il Paese, fatto fuggire investitori indispensabili per il rinnovo del nostro debito - 400 miliardi ogni anno - industriali disposti ad investire o potenziare le attività produttive.

La Francia, avvezza alle rivoluzioni, anche con taglio di teste coronate, ha suonato la carica contro gli errori politici ed economici di Macron, proponendosi di cacciarlo, se non avesse innestato una veloce retromarcia. Macron, che conosce l'economia, il funzionamento dello stato e gode di rispetto nell'ambito non solo europeo, ha cambiato politica. I nostri due dilettanti allo sbaraglio avrebbero dovuto andarsene, dando forfait per palese incapacità.

L'approccio con l'Europa a suon di insulti ai commissari e con la minaccia di cacciare l'intero Parlamento a maggio, non è stato opportuno. Soprattutto presentando un bilancio in pesante deficit per le spese assistenziali e non produttive. L'aggressività dei vice premier mirava a far vedere agli elettori di essere di duri, di lottare a fondo contro l'Europa nemica, mentre quasi il 70 per cento del "popolo sovrano" la gradisce. Non gradisce invece le misure proposte dai due duri, che intendono onorare incoscienti promesse elettorali, di impossibile realizzazione.

Occorre trovare un nemico, un cattivo che non consenta di mandare in pensione anticipatamente quanti lo richiedano, e di corrispondere un reddito fisso triennale a chi non ha lavoro o elevare a 780 euro le numerose pensioni minime. Hanno promesso la luna. Molti li hanno creduti e votati. Ora calano le braghe e promesse. La colpa però non è loro - dicono - che avevano promesso di non arretrare di un millimetro. E' dell'Europa, matrigna, dei commissari e magari di Tria e di Conte, cattivi negoziatori.

Piercarlo Barale

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