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Libri "hamburger" a prezzi scontati: non so chi li legge

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BRUNO MURIALDO - La gente è indifferente al fatto che il Salone del Libro rimanga a Torino. In fondo oggi a cosa serve un Salone del Libro? Quando le case editrici viaggiano oramai sul web, vendono sul web, usano il web per presentare i loro libri, i più scritti da calciatori, soubrette, cantanti rock. Pochi i giovani scrittori scavalcati da una collettività connessa con una virtualità spazzatura, con la quale dovremo fare i conti in futuro.

La realtà del libro nell'era di internet è questa: "libri hamburger" a cifre scontate e collezionisti di volumi non letti. Il salone può andare ovunque, i risultati saranno sempre gli stessi. La vera cultura non è girare per una grande sala tra il gossip o numeri di scolaresche annoiate che scorrazzano qua e là confuse, mostre con qualche partecipante distratto, più affezionato agli "hamburger" che a scoprire il talento di qualche artista.

Se a non fare il Salone del Libro a Torino si risparmiasse qualche soldino, quello sì che sarebbe un successo! Soldi che si potrebbero destinare al teatro, al cinema, alle borse di studio. Il Salone del Libro serve a far gongolare le prime donne, a galvanizzare qualche giornalista culturale che ha un disperato bisogno di riempire qualche pagina, a illudere qualche professore frustrato che stampa sì e no cento copie all’anno e ne vende dieci al salone della grande Torino letteraria.

La cultura vera non sono cento pagine di un libro o una grande sala che dura tre giorni: la cultura vera è quella della civiltà dell’evoluzione, quella delle virtù, diamanti preziosi che abbiamo perso in questi anni tragici di belli incantati davanti al cellulare.

Bruno Murialdo

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