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L'agonia del fiume Po in secca, Coldiretti: "Attivare una rete di invasi"

SALUZZO

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Da tre giorni è completamente in secca la sorgente del fiume più lungo d’Italia, il Po, che nasce proprio in Piemonte a 2.020 metri di quota in località Pian del Re, alla base del Monviso, dove si trova la pietra scolpita con la celebre frase "Qui nasce il Po”. Con 652 chilometri di lunghezza e 141 affluenti, tra cui i più importanti piemontesi sono la Dora Baltea, il Tanaro ed il Sesia, detiene il primato del bacino idrografico più esteso d’Italia, con circa 71 mila chilometri di superficie e con la massima portata alla foce che arriva a 13 mila metri cubi al secondo.

Si tratta della principale arteria fluviale, fondamentale per l’agricoltura Made in Italy ed in Piemonte e per il suo indotto, tanto che la secca del Po mette a rischio oltre un terzo della produzione agricola italiana, così come più della metà degli allevamenti. Il bacino del Po, infatti, è l’area che contribuisce per la percentuale più rilevante al prodotto interno lordo italiano: il 4% del PIL proviene proprio dalle attività di quest’area, con il 37% dell’industria nazionale, che sostiene il 46% di posti di lavoro, che ha sede nei territori del bacino così come il 55% delle aziende zootecniche. I cambiamenti climatici, però, stanno facendo mutare questa situazione tanto che, negli ultimi 30 anni, la portata media del Po è diminuita del 20 - 25 per cento.

“Non possiamo dimenticare l’importanza per l’agricoltura piemontese di questo fiume, le cui acque permettono l’irrigazione delle nostre tipiche colture, che ha dato origine ad una fertile pianura grazie alla quale possiamo vantare oggi prodotti d’eccellenza: dal riso all’ortofrutta fino ai cereali ed ai foraggi per la zootecnia. Le cause dell’attuale situazione sono da ricercare – spiegano la presidente di Coldiretti Piemonte e il Delegato Confederale – nel complessivo stravolgimento climatico a cui stiamo assistendo e per cui è necessario passare dalla gestione dell’emergenza ad una cultura della prevenzione”.

Il 2017 è il secondo anno più caldo del pianeta, con la temperatura sulla superficie della terra e degli oceani addirittura superiore di 0,91 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo. Le anomalie sono evidenti anche in Italia dove la primavera 2017, dal punto di vista meteorologico, è stata la seconda più calda dal 1800, con +1,9 gradi ma a giugno lo scarto è stato addirittura di +3,2 gradi, secondo il Cnr. 

“In un Paese che resta piovoso, con circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua che cadono annualmente, ma che, per le carenze infrastrutturali, ne trattiene solo l'11%, occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con opere infrastrutturali. Ribadiamo, quindi, l’appello alla Regione affinchè si faccia portavoce presso gli enti preposti per reperire le risorse utili ad una progettualità di regimazione delle acque attivando una rete di invasi sul territorio”, concludono.

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