Meteo Radio Stereo 5 Euroregion Facebook Twitter Youtube Linkedin

In questa vita a Cuneo "in punta di penna" ho scoperto l'amore per le stilografiche

CUNEO

Foto
Condividi FB

PIERCARLO BARALE - Ho ricevuto in dono nel corso dell'attività professionale, per questioni conclusesi con soddisfazione di clienti, che conoscevano il mio amore per le penne stilografiche, parecchi pregiati esemplari. Altrettante per le collaborazioni giornalistiche e per i libri pubblicati.

Qualcuna l'ho comprata, perchè innamorato della linea, innovatrice o classica, mentre la prima Aurora 88 nera con il cappuccio in acciaio, l'ho avuta al ginnasio. Mi è servita fino alla maturità. La conservo, ancora efficiente e con il pennino originale, sopravvissuto miracolosamente nel percorso scolastico.

Il servizio militare, allora obbligatorio e di ben diciotto mesi, mi ha lasciato in ricordo la perfetta conoscenza della dattilografia, oltre alla patente per gli autoarticolati. Quest'ultima, in più occasioni, guidando auto veloci prima degli autovelox in autostrada, mi ha aiutato negli incontri con la Stradale. Un avvocato con la patente per i tir non è frequente, sicchè la spiegazione di questa incongruenza è stata spesso positiva per l'esito del controllo.

Dell'aver imparato alla perfezione la dattiloscrittura mi sono giovato nei primi anni della professione forense, quando occorreva redigere memorie, atti di citazione, conclusionali e soprattutto ricorsi amministrativi, in tempi rapidissimi, senza attendere la disponibilità di segretarie, che si occupavano anche di altri colleghi di studio.

Qualcosa mi ha dato quindi il servizio militare, che molti colleghi hanno evitato, procedendo più speditamente nel corso di laurea. Pochi però a Torino, dove erano in cattedra insegnanti molto prestigiosi ed altrettanto severi. Invece, soprattutto nelle università di nuova istituzione, si era alla ricerca di "clienti", anche provenienti dal Piemonte. Senza che ti tirassero dietro il libretto, se l'esame non veniva superato.

La stilografica mi serviva per le collaborazioni giornalistiche ed i libri, man mano pubblicati quasi sempre in collaborazione con il Collega Claudio Demaria. La stilografica ti consente di pensare, di dare maggiore evidenza ai vocaboli o alle espressioni dominanti nei periodi.

Il pennino si flette e l'inchiostro fluisce con maggiore evidenza, traducendo il pensiero con vigore e precisione. Il dattiloscritto professionale è finalizzato al risultato: vincere la causa. La grafia con la stilografica, sia per gli articoli che per i libri, ha un contenuto etico - direi poetico.

Mentre nel rapporto professionale si cerca un risultato di valenza economica, e quasi sempre retribuito, nell'argomento scelto di persona o concordato in precedenza con il direttore, la stilografica spazia sul foglio con libertà, creatività, senza la necessità di conseguire un risultato, se non la condivisione dei lettori.

Ancor più con i libri, sia di divulgazione scientifica che di commento a nuove normative, che di narrazione di esperienze professionali. Le mie penne, raccolte in un capiente contenitore, possono ora essere utilizzate, alternandole, con la gioia di caricarle - con inchiostro e non cartucce - e di riporle, dopo averle ripulite e lucidato il pennino d'oro con punta di iridio.

Lasciata l'attività professionale, posso dedicare tempo alla collaborazione giornalistica. Peccato che la legislazione, con retromarce frequenti e modifiche altrettanto veloci, non consenta commenti o interpretazioni ad uso dei fruitori. Si rischia di commentare, quanto verrà modificato o abrogato.

Inoltre i destinatari ai quali mi ero sempre rivolto, urbanisti, operatori in campo edilizio, ambientale, energie alternative, attraversano, dalla crisi in poi, un periodo difficilissimo. Mi piace aprire il contenitore ed utilizzare una penna diversa ogni settimana, per il consueto articolo. Così fa pure la mia nipote Rita, che condivide la passione per l'inchiostro, quello liquido, talvolta lasciando il tradizionale nero per un blu vivace o un azzurro pastellato, per i compiti scolastici.

La penna di oggi, dalla sempre valida Aurora alla prestigiosa MontBlanc, non è altro che la moderna versione degli strumenti di scrittura degli antichi copisti, autori di capolavori, fino all'utilizzo della stampa.

Un libro di recentissima pubblicazione "La biblioteca segreta di Timbuctu", di Joshua Hammer, descrive in dettaglio le modalità seguite per l'esecuzione dei famosi manoscritti di Timbuctu: raccolti con pazienza, acquistandoli dai titolari delle biblioteche familiari che le custodivano gelosamente.

L'autore riferisce che i calligrafi mediorientali usavano penne ricavate da canne di palude intere, tagliate in obliquo. I capisti del Magreb suddividevano le canne in lunghe stecche piatte, che consentivano di ottenere un profilo più morbido. Altre volte si usavano rami di un arbusto locale o piume di uccelli.

L'inchiesto nero era prodotto con carbone di legna e gomma arabica. Per le miniature si aggiungeva gelatina e ossido di ferro, con lamine sottilissime d'oro a 22 carati, per le pagine più raffinate. I manoscritti di Timbuctu hanno fatto cambiare idea a molti storici, che ritenevano l'Africa centrale senza cultura e senza storia, avendo perduto con la schiavitù milioni di abitanti. Non è così, perchè dai manoscritti emergono figure di colti studiosi e letterati e poeti.

Piercarlo Barale

VIDEO