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Il 2018 per fermare il declino della Provincia Granda, prima quasi impercettibile e ora palese

CUNEO

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ALDO A. MOLA - Le statistiche dicono che il Piemonte arretra. Il Cuneese è storicamente la sua Provincia più vulnerabile. La sua emarginazione è oggettiva. A lungo spacciato quasi fosse valore aggiunto, l'isolamento ora si affaccia quale incubo.

Il nodo irrisolto è l'inserimento della Granda almeno nella rete delle comunicazioni tradizionali: ferrovie, autostrade, strade a rapida percorrenza. Il 2017 rimarrà in memoria per l'interruzione dei lavori del Tenda-bis, per il crollo della tangenziale di Fossano e per l'interminabile Asti-Cuneo, a tacere del disservizio della Cuneo-Torino, fonte di proteste ormai quasi quotidiane.

Nessun vero passo avanti. Anzi, molti all'indietro. Gli effetti del divieto ai mezzi pesanti di percorrere la Valle Roya si vedranno sul lungo periodo. In un territorio privo di un piano logistico organico, si è allargata la faglia tra le due aree: la candidatura del capoluogo provinciale a “capitale della cultura” ha lasciato fredda Alba e le Langhe, che perseguono obiettivi propri.

Anche più attardata è la copertura del Cuneese con la comunicazione internet superveloce: con penalizzazione quotidiana di cittadini e imprese a ogni livello (incluse quelle turistico-alberghiere). Peggio che in passato, la “modernità” del Piemonte si ferma alla periferia di Torino, che dal canto suo ha perso di capacità propulsiva ed è sempre più al palo, con la sola tangenziale ovest, vulnerabile e quotidianamente intasata, con ripercussioni sull'utilizzo dell'unico aeroporto piemontese di rilievo, a tutto danno del Cuneese.

Il declino della Granda, per anni quasi impercettibile, ormai è palese e non trova risposte convincenti. Il “volontariato”, per quanto eroico, rimane pulviscolare. E' un "sentimento” mentre occorre Razionalità. Urge quindi il ritorno della “politica”, premessa di un “Progetto”, di un significativo salto di qualità. Il Consiglio provinciale in carica è il frutto di calcoli artificiosi del consenso presunto. Nella sua inconsistenza politica, esso alimenta la divaricazione fra cittadini e istituzioni.

Dopo lunga stasi (che, ripetiamo, è declino: perché stare fermi mentre gli altri avanzano è arretramento), la risposta non può venire solo dalle elezioni politiche del 4 marzo prossimo, pur di fondamentale importanza se (come probabile) certificheranno l'asimmetria tra la volizione dei cittadini e l'attuale amministrazione della Provincia e di molte città.       

Mentre tanto si chiacchiera di società civile, un passo avanti verso la elaborazione del nuovo potrebbe venire da una conferenza programmatica congiunta della ormai vasta rete di circoli di servizio (Rotary, Lions, etc.), chiamati a confrontarsi non solo su aiuti eterodiretti a mondi lontanissmi ma proprio sulla Granda, altrimenti avviata al crepuscolo.

I segnali però non sono affatto confortanti. Prevalgono logiche particolaristiche, visioni fiabesche (è il caso della sanità: dall'ospedale di Verduno in là...) e il ritorno di odio settario, germinante da arretratezza culturale proprio in una terra che un tempo fu all'avanguardia civile.

Aldo A. Mola

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