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Due litigano, il terzo gode ed è la mesta fine dell'Asti-Cuneo

CUNEO

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GUIDO CHIESA - Tra due litiganti, il terzo gode. Questo vecchio detto è il commento che mi è venuto spontaneo dopo aver letto il resoconto della riunione del Comitato di Monitoraggio riunito in Provincia per discutere della questione dell’Autostrada A33 Asti-Cuneo.

I due litiganti sono coloro che sostengono le due diverse ipotesi di variante al progetto degli 8 km che mancano al completamento dell’Autostrada. Il terzo, che gode, sono coloro che, con la scusa che gli interessati non riescono a mettersi d’accordo, lavorano alacremente per avere quei fondi che erano da utilizzare per l’A33 e finanziare qualche altra opera, da qualche altra parte, di loro maggior interesse. Decretando così la fine della pluri-decennale storia dell’A33.

Diciamo subito che l’Asti-Cuneo non è stato un progetto azzeccato: sbagliato il collegamento Cuneo-Carrù, sbagliata l’ubicazione dell’uscita di Fossano, sbagliato il nuovo casello di Marene, sbagliato il sottopasso del Tanaro che è stato cancellato, sbagliata la tangenziale di Cuneo che, per fortuna, non è stata realizzata, sbagliato il preventivo dell’offerta che è risultata vincente, sbagliato che il Committente (Anas) abbia una partecipazione consistente nella società concessionaria, creando così un grave conflitto di interessi.

Il progetto degli 8 km che mancano è invece tecnicamente ineccepibile: 3,2 km di galleria a doppia canna più 4,8 km di autostrada all’aperto in sponda destra del Tanaro in zona non sottoposta a esondazioni. Le due gallerie sono ciascuna a due corsie, più una terza di emergenza.

Tra le due gallerie sono presenti numerosi cunicoli di collegamento che consentono la fuga agli automobilisti intrappolati, in caso di incidente in una delle due, con scoppio e incendio. Il massimo della sicurezza, secondo uno standard che si affermato dopo l’incidente nella galleria del Frejus dove avevano trovato la morte una trentina di automobilisti. Lo scavo verrebbe effettuato con una talpa che consente un avanzamento più veloce e con la massima sicurezza rispetto ai metodi tradizionali. Nelle zone di maggiore instabilità dell’ammasso roccioso, è prevista l’adozione di tutti gli accorgimenti tecnicamente possibili per evitare guai: soluzioni che giustificano una parte dell’aumento dei costi.

La soluzione che prevede l’eliminazione di una canna consentirebbe di utilizzare tutte le autorizzazioni già ottenute e il progetto esecutivo già studiato nei minimi particolari, nonché la minore spesa di un centinaio di milioni tra 4 o 5 anni, ma con la contropartita di una maggiore pericolosità dell’opera.

Del progetto alternativo, che si dice consista in una modifica della viabilità esistente, non si hanno notizie: non si conosce né il percorso, né gli espropri che si renderebbero necessari, né l’impatto ambientale, né quello paesaggistico, né il preventivo, né il programma dei lavori, né quali opere già realizzate andrebbero demolite. Si dice semplicemente che costerebbe di meno e che si realizzerebbe in meno tempo. Non si dice però che sarebbe ovviamente a carico dello Stato (mentre l’autostrada verrebbe ripagata con i pedaggi, per cui non sorprende che la Confindustria locale la appoggi) né si risponde alla domanda da dove potrebbero venire i fondi per la sua realizzazione.

E mentre a Cuneo si litiga tra un progetto meno sicuro e un progetto sconosciuto, l’autorizzazione ambientale, che era condizionata all’inizio dei lavori entro luglio, ha perso la sua validità e il CIPE ha sbloccato lavori per una quarantina di miliardi, tra i quali non risulta che vi siano quelli dell’A33. Requiescat in pace.

Guido Chiesa

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