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Coronavirus, come vincere ansia e paura con il respiro "abbracciando il cuore con i polmoni"

CUNEO

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MARIO FRUSI - A ben riflettere, non fa così paura. Due recenti notizie rischiarano l’orizzonte dell’incubo Coronavirus, rendendolo meno fosco:

Secondo la pregevole istituzione Gimbe, che propone il meglio della ricerca scientifica, la gravità e il tasso di letalità del Coronavirus sono ampiamente sovrastimati perché i casi non identificati sono nettamente superiori a quelli dichiarati. In sostanza, non ci si può basare sul semplice calcolo matematico che mette al numeratore il numero di morti e al denominatore il numero di sieropositivi (rendendo così la mortalità molto elevata) perché questi ultimi sono molto più numerosi di quelli effettivamente riscontrati. Non siamo cioè di fronte a una nuova peste, bensì a una patologia di tipo influenzale, che invariabilmente miete vittime, ogni anno a migliaia; certamente la morte di chiunque deve suscitare rincrescimento ma, senza cinismo, qui si tratta "soltanto" del "normale" morire per una (specie di) influenza.

Quanto segue non è stato ancora vidimato da una vera ricerca, ma raccoglie alla spicciolata alcuni dati ricavati dall’osservazione sul campo, cioè negli ospedali. La polmonite interstiziale si sviluppa più rapidamente e con più facilità - all’interno degli organismi recettivi - da quando si sono diffuse le informazioni sul virus. Nell’ottica della cosiddetta Pnei (“Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia”) il sistema reagisce con una classica somatizzazione: auto-abbatte le proprie difese immunitarie e produce, per l’appunto negl’interstizi fra gli alveoli polmonari, una debolezza strutturale che facilita l’infiammazione. Un modo scientifico per dire che, quando siamo in difficoltà, noi umani restiamo "senza fiato dalla paura".

Oltre alla chiarezza dei dati, che via via si stanno accumulando, possiamo fare qualcosa di concreto per salvaguardarci da queste umanissime paure? Se potessimo misurarla con un sondino, durante una crisi di ansia effettivamente riscontreremmo che la pressione del cosiddetto mediastino (la cavità virtuale compresa fra cuore e polmoni) è minore del solito: questo ci spiega come mai l’ansia viene più frequentemente descritta come un senso di vuoto al centro del petto. Allora possiamo ridurne il carico disturbante con un semplicissimo esercizio: svuotare il torace, morbidamente e senza sforzo, mantenerlo vuoto alcuni secondi e poi lasciare che si riempia da solo, senza favorirne volontariamente l’espansione. Per facilitare il compito possiamo immaginare che, con questo svuotamento, stiamo "abbracciando il cuore con i polmoni". Ovviamente l’esercizio può essere ripetuto quanto si vuole.

Questa tecnica ci permette di migliorare gli stati d’animo disturbanti, che quasi sempre vengono descritti come un senso di vuoto al centro del petto: effettivamente il trattenimento dell’aria, a sua volta perlopiù definito come “restare senza fiato dalla paura”, provoca una depressione all’interno dell’area virtuale compresa fra il cuore, i due polmoni che lo avvolgono e il diaframma che lo sostiene. Possiamo invertire il fenomeno, ottenendone un immediato beneficio, ri-compattando tutta l’area:

-Ci mettiamo in posizione comoda, a colonna vertebrale non necessariamente eretta ma ben allineata: sdraiati, seduti su una poltrona reclinabile dotata di poggiatesta o su una sedia normale (senza lasciar cadere la testa in avanti o sbilanciarla all’indietro), in piedi, addirittura mentre stiamo camminando.

-Soffiando attraverso la bocca o il naso svuotiamo il torace con una spinta dolce, moderata e costante fino a quando ci resta all’interno una quantità di aria modestissima. Per espellere questa dovremmo fare uno sforzo importante, che invece evitiamo fermandoci proprio a quel punto.

-Rimaniamo in questa condizione per tutto il tempo che ci è dato PRIMA di sentire che l’aria ci sta per mancare: anche 8-10 secondi se siamo a riposo, forse soltanto 2 o 3 se stiamo camminando (e il corpo, ovviamente, ha più bisogno di ossigeno).

-In quello stesso istante interrompiamo l’apnea e permettiamo all’aria di entrare, morbidamente e senza sforzo, fino al livello “deciso” dalle necessità del torace: la volontà interviene il minimo possibile.

Dopo breve pausa ripetiamo l’esercizio più volte consecutive, se necessario.

Buona sperimentazione, ce la faremo.

Mario Frusi, cofondatore di Noosoma

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