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"Chuck", quel coreografo di Bra che ha "strappato" la danza con i denti

BRA

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FIORELLA AVALLE NEMOLIS - Il poliedrico braidese Andrea Boglione, detto "Chuck", spazia nel mondo della danza come ballerino, insegnante e coreografo. E' alto, longineo, agile come una gazzella, volto espressivo che comunica energia. La danza l'ha strappata con i denti, con determinazione e coraggio.

Andrea com'è la tua settimana?

"Mi divido tra il Friuli, dove insegno al liceo privato Coreitico Carducci di Trieste e in diverse scuole di danza, tra Udine e Trieste, mentre a metà settimana sono a Bra (Cuneo), nella mia Accademia, e nei weekend sono giro per l'Italia per stage o per lavori di spettacolo, sovente con la mia compagnia in Austria".

Una vita semplice la tua! Ti definirei il viaggiatore danzante. Raccontami un po' del tuo mondo...

“Con la danza si può scegliere se fare il ballerino professionista, l'insegnante di danza o il coreografo. Oppure, si possono fare tutte e tre le cose".

Il tuo curriculum è di un certo spessore: diplomato insegnante hip hop e street jazz all'Ida di Roma; ammesso all'Accademia professionale Modulo Factory di Milano; conti numerose partecipazioni televisive come ballerino professionista, Speciale Celentano e Tadà, e in videoclip musicali per Annalisa, Max Pezzali, Marco Mengoni e molti altri ancora. Nel 2017 sul palco di Sanremo nel corpo di ballo della Tim. E mi fermo qui... direi, che nella danza ti cimenti in tutte e tre le categorie.

“Sì, è cosi. Vedi, il coreografo è un creativo stimolato da musica, immagini, rumori che danno vita all'ispirazione, che sfocia, poi, in creazione attraverso i ballerini, o anche su se stesso. L'insegnante di danza è la persona che trasmette ciò che ha appreso, ma non necessariamente è un ballerino o un coreografo".

La figura in cui ti rispecchi di più?

"Il coreografo: è il creativo a 360 gradi. Vivo l'immaginario nella quotidianità, colgo anche le cose più banali. Immagazino ed elaboro. Tutto mi stimola, tutto è fonte di ispirazione.

Che significa essere coreografo?

Quando hai budget alti spazi solo nella creatività, puoi permetterti: scenografo, tecnico luci, tecnico audio, montatore, costumista, truccatore, parrucchiere, e l'assistente coreografo, figura importantissima! Questo succede con la compagnia con cui lavoro in Austria, quindi mi dedico solo alla creatività artistica delle coreografie, o al tema dello spettacolo. Quando, invece, nelle vesti di insegnante con le mie allieve partecipo a manifestazioni, eventi teatrali mi tiro su le maniche e spendo tutte le mie energie per supplire a tutto".

Nella tua Accademia Kubo Dance Concept di Bra che ruolo svolgi, oltre quello di titolare?

Sono il direttore artistico, insegno la danza hip hop (danza su ritmi sincopati), heels (danza sui tacchi altissimi), e collaboro con altri insegnanti scelti da me, che si curano di altri rami della danza".

Come definiresti la tua accademia?

“Un contenitore creativo finalizzato alla crescita artistica, non commerciale. Perchè quando vuoi fare l'artista il lavoro prima o poi arriva, quando pensi al lavoro nell'arte arriva il lavoro, ma non arriva l'arte. In sostanza, la Kubo Dance Concept si occupa del lato formativo-professionale, di quello ludico che diventa artistico e di quello lavorativo coreografico, il prossimo anno anche di quello semi professionale”.

Come hai incontrato la danza?

“Era il 2007 quando si compì il mio destino. Accompagnai una mia amica a una lezione di ballo di hip hop. Odiavo il ballo ed ero timidissimo. Conobbi Jenny, quella che fu poi la mia maestra di hip hop. Finchè un giorno partecipai alla lezione e quando Jenny, al termine della lezione, mi chiese da quanto tempo ballavo, risposi: “Esattamente da 50 minuti!”. E' stato l'inizio, Jenny mi ha aperto le porte e la mente alla danza. Dopo un periodo di gran lavoro su me stesso, cominciai a frequentare scuole di ballo in altre città. All'ultimo anno di liceo fu grazie a un mio video che vinsi una borsa di studio. Non era un bel periodo per me, con un colpo di testa mollai la scuola. Mi dettero del pazzo, ma ormai avevo deciso che non avrei più lasciato il ballo. Montai su quel treno che passava, anzi per me rappresentava una mongolfiera. Avevo solo 18 anni, ma sentivo che dovevo fare questo passo. Mi sono trasferito a Barcellona, poi a New York, dove conseguito il diploma in arti sceniche, fui selezionato come ballerino in compagnie di ballo. Nel 2009 fui costretto a tornare in Italia, a Bra, per curarmi a causa di un incidente avuto durante lo svolgimento di uno spettacolo teatrale. Si era spezzata una fune a cui ero appeso per lanciarmi. Ormai ristabilito, dopo un anno e mezzo, per la seconda volta nella vita ho fatto un colpo di testa: mi sono liceziato da un lavoro ormai sicuro e ben retribuito per tornare a ballare".

E come sei arrivato fino a oggi?

“Ha ragione la grande Carla Fracci, che dice: “La danza è sofferenza, non è solo felicità!”. Ti mette a dura prova. All'accademia professionale di Milano ho compreso che dovevo imparare tutto. E' la disciplina che fa maturare, soprattutto l'impegno che devi mettere in ciò che prima non ti piaceva e che poi si rivela la scelta giusta per te. Quando arrivi al livello professionistico, dopo tanti sacrifici, anche lavorando per mantenerti agli studi, ti rendi conto che il successo, il palco, le telecamere, gli applausi, tutto può finire all'improvviso. Puoi farti male, era già successo con conseguenze non gravi. Ho iniziato a ragionare sul mio futuro: ho capito che scelta fare. Ormai, il mio obiettivo come coreografo è ascoltare, guardare, apprendere, quindi andare verso una continua ricerca, per una continua evoluzione. “Non dovete mai essere la copia di chi già c'è - diceva un maestro - il vostro obiettivo è essere voi stessi. Solo così potrete inventare qualcosa di nuovo, un gesto, un movimento che vi distinguerà e che tutti riconosceranno solo come vostro".

Cosa vorresti si avverasse?

“Che un giorno, vedendomi danzare, qualcuno dica: “Questo è il movimento di Andrea Chuck Boglione". Questo sarà il mio obiettivo, finchè non deciderò di appendere le scarpette al chiodo".

Che significa Chuck?

E' il mio soprannome, fin dal liceo, preso da una serie televisiva americana. Ci sono affezionato".

Fiorella Avalle Nemolis

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