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A Cuneo come nel resto d'Italia, la trappola della legge elettorale per chi vota Centrosinistra

CUNEO

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GUIDO CHIESA - Molti si sono domandati com’era possibile che il governo a guida Pd avesse posto la fiducia su di una legge che, stando ai commentatori politici e ai sondaggi, favorirebbe il Centrodestra. In effetti, com’era da prevedersi, dietro a quel voto ci sta un disegno: ardito, ma ben congegnato. E anche ben celato agli occhi degli elettori che sono attratti dalle percentuali dei sondaggi, ma che non sono avvezzi ai giochetti parlamentari.

Vediamo di chiarire la questione.

Per avere la maggioranza alla Camera (al Senato, cambiano i numeri, ma vale  lo stesso ragionamento) occorrono 316 voti (la metà dei deputati più 1). Quali coalizioni possono ambire a raggiungere quel numero? Le coalizioni che ragionevolmente possono arrivare al 40% dei voti nei collegi plurinominali, ove vige la ripartizione proporzionale dei seggi.

Stando ai sondaggi, nessuna coalizione ”dichiarata” può raggiungere quella percentuale: né il Centrodestra, né, tantomeno, il M5S da solo, o la coalizione di Centrosinistra. In questa situazione, subito dopo il voto, sarà giocoforza riaprire i giochi: ogni gruppo parlamentare, con i suoi eletti, si riterrà libero di cercarsi gli alleati con cui costruire la maggioranza di 316 seggi. Le coalizioni previste dalla legge, infatti, non sono coalizioni vincolanti, ma pure aggregazioni elettorali per fare il miglior risultato possibile.

Il M5S, anche qualora risultasse il primo partito, sarà fuori da questi giochetti perché ha sempre dichiarato di voler governare da solo

Il Pd, che avrà incamerato anche i voti dei cespugli che gli ruotano intorno e che non raggiungeranno la percentuale del 3%, ma neppure quella dell’1%, dovrebbe poter contare, a detta degli strateghi del Nazareno, su di un 30% dei nuovi deputati.

Quale forza politica potrebbe aiutare il Pd ad arrivare e, magari superare, il fatidico 40%? In buona sostanza soltanto Forza Italia che sta recuperando i favori dei suoi elettori. Ad oggi, Fi, con l’Udc, può contare su di un 15% circa, anche qualche cosa di più. Totale: un po’ più del 45%, ossia, in termini di seggi alla Camera, 174/178 deputati. Dando per certi almeno 9 deputati dall’estero, ad una maggioranza Berlusconi-Renzi mancherebbero 133/129 deputati che potrebbero arrivare dai collegi uninominali. Qui sta l’unica incertezza: ce la faranno Pd e Fi a far eleggere quei deputati nei collegi uninominali? E’ quello un risultato impossibile o con una buona probabilità di successo?

La risposta, per gli strateghi che hanno scritto quella legge, è che quel risultato è possibile, anzi, abbastanza probabile. In fondo 133/129 deputati sono solo il 56-57% dei candidati eletti con il metodo uninominale. Il gap con il 45% del proporzionale è piccolo: è sufficiente infatti che, al Nord, Fi strappi un po’ di seggi uninominali alla Lega e che l’elettorato del Pd riesca a portare al voto i suoi elettori nel Centro Italia ed il gioco è fatto.  Oltretutto il M5S sconterà il fatto di non avere molte personalità da presentare nei collegi uninominali, per cui è assai probabile che conquisti meno seggi rispetto al proporzionale.

Avendo poi, molto astutamente per loro, impedito il voto disgiunto, Pd e FI si sono anche blindati da possibili fughe di elettori verso candidati di prestigio che altre forze politiche avrebbero potuto mettere in campo. Mentre l’abolizione delle preferenze sarà riuscita a eliminare tra gli eletti quei candidati che potrebbero non mandar giù l’alleanza Pd e Fi e non votare la fiducia al nuovo governo.

E la trappola per gli elettori di centrosinistra che aborrono anche solo l’idea di allearsi con Berlusconi sarà scattata. Ovviamente in nome della governabilità e della salvezza della patria dai “populismi”.

Guido Chiesa

 

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